Parla Luciano Castro, autore, imprenditore, product manager e business angel specializzato nel mondo digitale. Esperto digitale selezionato dal Ministro della Trasformazione Digitale (a capo della missione 1.2) per guidare all’interno del PNRR la migrazione al cloud di tutta la pubblica amministrazione locale italiana. Founder e CEO di Castro & Partners, Product Management Firm.
In tanti parlano di OKR (Objective Key Result) pochi li hanno realmente sperimentati e applicati. Perché un conto è la teoria, un altro è la pratica e il raggiungimento dei risultati.
Gli OKR sono una metodologia di gestione e management che porta le persone ad orientarsi verso obiettivi alti, importanti e delega l’organizzazione, non il capo, a muoversi collegialmente verso il raggiungimento dei risultati prefissati. Quindi, definire in maniera misurabile che cosa vuoi fare e dove vuoi arrivare è la vera sfida irrinunciabile che accompagna l’intero processo di realizzazione e raggiungimento degli obiettivi.
Gli OKR funzionano quando l’intera organizzazione si muove insieme per trasformarsi, compresa la leadership. Parliamo per questo di un processo trasformazionale e non transazionale che applicato alla realtà comporta lo stravolgimento radicale del mind-set della leadership aziendale dove il complesso del sistema organizzativo e manageriale sono orientati verso un unico e condiviso risultato, permettendo così di trasferire su “carta” tale modello di pensiero.
Il contrario non funziona: non possiamo avere un’organizzazione orientata semplicemente al comando e alla “transazione”, scrivendo nero su bianco degli obiettivi affinché funzionino. Bisogna essere in grado di guidare l’azienda verso un nuovo mind-set, un nuovo percorso, una nuova trasformazione, un nuovo modo di fare impresa…
Stiamo parlando di un sistema estremamente democratico e trasparente che stravolge lo status quo di un’azienda e riequilibra professionalità, competenze e responsabilità indicando la strada da seguire affinché l’impresa funzioni non solo sul mercato ma anche internamente.
E possiamo dirlo senza mezzi termini, far funzionare un’azienda al proprio interno è forse più difficile che vendere un prodotto vincente sul mercato: questa è la difficoltà che si supera con la metodologia OKR. Difficoltà a cui è legata una sfida: quella della compente umana che deve integrarsi con la componente trasformazionale puntando su di un processo di democratizzazione e olismo della struttura di comando e delle sue componenti.
Ma per capire nel pratico quello di cui stiamo parlando vi riporto alcuni esempi concreti dell’applicazione virtuosa o meno della metodologia OKR.
Partirei da un case study che definisco come un fallimento. Una grande società di luxury internazionale aveva provato a sperimentare e ad implementare al proprio interno la metodologia “Objective Key Result” ma commise un errore sostanziale: applicò gli OKR solo a un dipartimento dell’azienda e non all’intera struttura mentre le altre componenti produttive e organizzative nonché manageriali della società seguivano ancora vecchie strategie di raggiungimento degli obiettivi e non erano integrate nel processo trasformazionale e umano, precondizione per il raggiungimento dei risultati prefissati. L’output fu frustrazione umana da un lato e inadeguatezza dall’altro perché il cambio di passo aveva riguardato solo una branca dell’azienda e non l’intera struttura in maniera trasversale e funzionale, in maniera trasformazionale e non transazionale.
Altresì, ci sono casi comprovati di aziende che sono riuscite brillantemente a raggiungere obiettivi concreti e insperati grazie al corretto utilizzo della metodologia OKR: uno nel mondo del fundraising, dove una organizzazione che lavorava in spazi di tempo limitati perché scanditi dalle emergenze, e quindi con target variabili e mutevoli, è riuscita ad applicare la metodologia OKR virtuosamente sia nel processo di organizzazione interna che di raccolta dei fondi ottenendo risultati concreti e ottimizzati in base agli obiettivi specifici che aveva.
E un altro caso che riguarda un’agenzia di marketing americana in cui il proprietario aveva bisogno di mettere l’organizzazione in “automatico” senza entrare nel micro management quotidiano (e questo è uno dei principali obiettivi degli OKR). All’inizio, il processo di implementazione della metodologia è stato difficile proprio perché andava ad intervenire anche sul fattore umano e l’ambiente lavorativo, rigido e composto da molte figure senior. Ma alla fine, compresa l’importanza dell’applicazione trasversale e trasformazionale a tutti i comparti dell’azienda, gli OKR hanno funzionato brillantemente aiutando non solo a delegare responsabilità ma a redistribuire compiti e obiettivi.
L’esame attento di questo quadro di case studies ci apre un’altra finestra di intervento e di operatività applicativa: lo smart working. L’unica chiave per far funzionare il lavoro da remoto è la comunicazione trasversale ed integrata, e non verticale e di micro management. Per questo avere degli obiettivi comuni e una visione condivisa implementando la metodologia OKR a un processo trasformazionale interno all’azienda, pone le fondamenta di un percorso virtuoso e vincente, sia per l’azienda che per i dipendenti, che saranno non solo più motivati ma si sentiranno maggiormente inclusi e parte del processo di realizzazione dei target prefissati.
Dove c’è democrazia e trasparenza c’è un nuovo modo di fare impresa. E gli OKR servono a questo. A rinnovare, trasformare e standardizzare processi funzionali di condivisione delle decisioni e raggiungimento dei risultati.